Storia, Arte e Devozione

LA STORIA

L’oratorio di S. Eusebio è l’edificio sacro più antico di Cinisello: si inserisce nell’ambito dell’edilizia “romanica” minore del territorio di Milano, nel numero degli oratori campestri e, più in generale, degli edifici sacri disseminati nelle campagne del Milanese. Non possediamo alcun documento relativo alla sua fondazione e alle fasi edilizie più antiche, l’ubicazione però tra il cardo e il decumano massimo della centuriazione romana ci riporta alla fine dell’impero romano, almeno nella collocazione di un luogo di culto cristiano; l’unico ritrovamento effettivo è di epoca alto medioevale: si tratta della tomba in cui fu reimpiegata l’iscrizione di Marcellino. L’unica fonte medievale, il Liber notitiate sanctorum mediolani (1298), nell’elenco delle chiese dedicate a S. Eusebio riporta la dicitura: “loco Cinixello, ecclesia Sancti Eusebi”. La notizia successiva si riferisce alla visita pastorale di Leonetto Clivone, incaricato da Carlo Borromeo: da essa veniamo a conoscere che l’edificio, inserito nella pieve di Desio, si presentava in pessime condizioni, chiuso, non officiato, privo di paramenti liturgici e arredi sacri e anche di reddito. Nella sua relazione, datata 3 ottobre 1567, la struttura è descritta come una semplice aula rettangolare coperta da travature in legno a vista e tegole; si sottolinea già la grande affluenza di fedeli il giorno di Pasqua, riconoscendo così un ruolo preciso dell’oratorio nell’ambito della devozione popolare. Pochi anni più tardi, nel 1579, il 9 Luglio, lo stesso Carlo Borromeo è a S. Eusebio: di questa visita ci rimane una “delineatio” ( il disegno dell’edificio) e la conferma delle precarie condizioni della struttura,a cui si aggiunge che le mura sono infestate dalla vegetazione e presentano numerose fenditure. Le successive visite registrano ancora una situazione immutata; solamente nel 1615 tutto quanto richiesto anche dal cardinale Federigo Borromeo, pena la distruzione dell’oratorio stesso, è stato eseguito: risalgono a quest’epoca i contrafforti della parete meridionale, il portale a timpano ribassato, il rifacimento del pavimento, l’apertura di quattro nuove finestre e l’occlusione delle due finestrelle dell’abside. L’intervento successivo, 1670, ricorda la costruzione della sacrestia: nel documento c’è tutta la pratica relativa alla sua edificazione, accompagnata da un disegno. L’oratorio non subì ulteriori modifiche fino a quando, nel 1879, il parroco Don Vitaliano Rossi, promosse un’ampia campagna di restauri, relativa alle strutture edilizie e agli arredi interni. I lavori prevedevano anche un allargamento del territorio circostante, diventato proprietà inalienabile e indissolubile dall’edificio ecclesiastico. Fu anche costruito il nuovo campanile, con orologio e due campane, la nuova sacrestia e un nuovo altare in marmo; tutti i lavori furono celebrati da un’iscrizione collocata alla base del campanile. In quell’occasione furono rinvenuti importanti reperti archeologici: i simboli tratteggiati nella fascia inferiore dell’abside, le due finestrelle primitive, gli affreschi della parete di sinistra, l’epigrafe originale di Marcellinus ; le epigrafi di Libaniolus e Tealisinia sono invece delle copie aggiunte dal parroco stesso. Successivi interventi di restauro, realizzati nel 1931 e dal 1991 al 1993, le hanno conferito l’aspetto attuale.

L’ASPETTO ARTISTICO

La struttura originaria è intuibile grazie all’andamento dell’abside, mentre la facciata e i muri perimetrali appaiono nella loro veste seicentesca. Il lato meridionale è scandito da tre robusti contrafforti, completamente rifatti nel 1932, la sacrestia di forma rettangolare presenta tre finestre con cornici in mattoni alternate all’intonaco, a imitazione dei conci in pietra. Il campanile (1879) ha quattro piani e cella campanaria. La muratura mostra ciottoli di fiume legati con malta in corsi abbastanza regolari; vicino all’ingresso file di mattoni legati da malta gialla. Sulla base di queste caratteristiche, tenute presenti anche le finestrelle dell’abside, profondamente strombate, in analogia con costruzioni di area lombarda, lo studioso Roberto Cassanelli, pone la datazione della struttura originaria tra la fine dell’ XI e l’inizio del XII secolo L’interno L’abside presenta l’unico raro residuo dell’edificio romanico: le finestrelle a luce molto ridotta e la decorazione dello zoccolo absidale, appartenenti molto probabilmente alla fase originaria dell’edificio e molto vicini alla costruzione dello stesso. Si intravede una serie di animali fantastici (gallo, serpe,pesci) intervallati da motivi vegetali (palmette) realizzati con i colori rosso pompeiano e nero, con l’utilizzo di un pennello largo su intonaco non uniforme. Sulla parete nord troviamo una sequenza di opere che testimoniano il ruolo fondamentale della chiesa nella pratica devozionale del territorio; sono probabilmente da collocare tra la fine del quattordicesimo e l’inizio del quindicesimo secolo, l’ambito è quasi sicuramente quello delle botteghe dei frescanti lombardi. L’affresco più noto, su cui si è focalizzata per secoli la devozione popolare, è quello della Madonna del latte, accanto si colloca una crocifissione con la Vergine, San Giovanni, una pia donna e due angeli, più oltre sono raffigurati due santi:un vescovo e un diacono (vengono identificati in Ambrogio e Vincenzo). Più recente, invece, è la Santa Dorotea (XVII secolo), che conclude la sequenza. In precedenza sulla parete opposta erano affrescate le immagini di S. Lucia e S. Liberata, ricoperte dal più recente restauro, come anche l’affresco di S. Eusebio in cattedra, che si sviluppava nel catino absidale, ben visibile fino al 1986. Gli arredi L’oratorio non possiede arredi significativi: l’altare seicentesco addossato al muro, venne distrutto durante i restauri del 19° secolo. Rimangono alcuni manufatti, dovuti alle risistemazioni del 17° secolo, tra cui un lavabo in marmo, due acquasantiere a muro e, in sacrestia, la cornice di legno intagliata e parzialmente dipinta che circondava il dipinto della Madonna del latte. Materiali romani Inseriti nelle murature o intorno ad esso, troviamo vari materiali di età romana: sopra il tetto della chiesa un capitello, all’esterno coperchi di sarcofagi, all’interno iscrizioni funerarie che si riferiscono a martiri: quella di Tealisinia è la copia di un originale, che, insieme ad un’altra ora perduta,riferita ad un certo Libaniolus, sarebbero state rinvenute in loco nel 1713 e quindi trasportate da S. Eusebio alla Villa Ghirlanda Silva e lì –secondo una relazione della Prefettura di Milano del 1883‐ incastrate in una parete, poi ricoperta d’intonaco, così che” non si potè conoscere la località precisa nella quale venne celata”. La più importante e l’unica sicuramente rinvenuta all’interno della chiesa è la lapide murata nella controfacciata: essa proviene dalla tomba detta di Marcellino, che venne ritrovata nel 1880 durante i lavori di restauro voluti dal parroco Rossi. Essa era posta sotto il cranio e gli altri resti ossei, insieme a frammenti di vaso vitreo ben opalizzati, che vennero poi sepolti sotto il nuovo pavimento. Una tradizione che risale al parroco Rossi farebbe risalire questi ritrovamenti ad un antico luogo di culto del cristianesimo primitivo e dei martiri, collegandolo all’esistenza di un anfiteatro romano presso l’attuale frazione di San Fruttuoso ( castrum Bovarium – nel dialetto locale Cassin Boè), dove sarebbero stati martirizzati i primi cristiani. I reperti lapidei e altri materiali comprovano l’utilizzo dell’area di Sant’Eusebio come zona cimiteriale: i coperchi di sarcofagi, l’orma di un fanciullo murata sotto l’affresco della Madonna del latte, il frammento di un’altra iscrizione funeraria collocato nell’emiciclo absidale, vicino al tabernacolo ( …US IN PACE KAL DE..) altre due lapidi murate nella cantina di una costruzione che si trovava di fronte alla chiesetta.l

LA DEVOZIONE

La persistenza nel corso dei secoli di questo modesto edificio, la rispondenza della popolazione limitrofa e non alle richieste di aiuto per affrontare nei vari momenti della sua storia opere di consolidamento o di restauro,le notizie che ci pervengono dagli antichi documenti, gli ex voto conservati nella sacrestia, tutto concorre a dimostrare che la chiesetta di Sant’Eusebio è depositaria di secoli di religiosità popolare e di devozione ininterrotta. Anche quando, a partire dal XIII sec.si assiste ad una progressiva aggregazione delle abitazioni dei contadini nella zona più a sud, in cui sorgerà il nuovo nucleo di Cinixellum e la seconda chiesa dedicata a sant’Ambrogio ( seconda metà del Quattrocento) , ha inizio per la chiesetta un periodo di abbandono e di trascuratezza, la fede e la venerazione per la “ Madonna del Latte” non vennero mai meno, anzi i documenti sono concordi nel sottolineare la grande devozione che continuava a circondare l’antico “ oratorium” Il più antico e persistente ricordo scritto è quello testimoniato fin dal 1567 dal visitatore monsignor Leonetto Clivoni che annota “nel giorno della Pasqua di resurrezione del nostro signore Gesù Cristo accorre una moltitudine di gente”; ancora nel 1579 san Carlo Borromeo nella relazione alla sua visita , a fronte di uno stato di abbandono pietoso , conferma però che “ in esso non si celebra ma è luogo di grande devozione” La secolare consuetudine si era trasformata un momento laico, giocoso e commerciale a completamento di una devozione che una volta all’anno radunava a Sant’Eusebio un gran numero di persone: perciò nel 1612 il cardinale Federigo Borromeo ordina al vicario di controllare la manifestazione, allontanando qualsiasi persona non acconcia; ordina al parroco di Cinisello di prodigarsi per frenare la cupidigia umana. Un provvedimento del 1640 contribuisce ad accrescere la devozione intorno alla chiesetta: il papa Urbano VIII concede indulgenza plenaria e remissione dei peccati per i sette anni a venire a tutti i fedeli che ,debitamente pentiti, confessati e comunicati visiteranno devotamente la chiesetta. Essa continua a svolgere la quotidiana funzione di luogo di culto per gli abitanti delle cascine, ma una volta all’anno, il lunedì di Pasqua, torna ad essere il centro della pietà popolare: la gente in una grande processione porta doni da mettere all’asta, il cui introito serve per le spese della chiesa, spesso con concorso di gente anche dai paesi vicini. Questa devozione è proseguita per secoli e secoli, nelle preghiere che donne e madri e mogli hanno affidato alla Madonna come fiduciaria delle loro richieste, delle loro sofferenze, delle loro speranze: la confermano i tragici eventi del 24 maggio 1915,quando funzioni speciali si svolgono a Sant’Eusebio con l’intervento di tutto il popolo e la presentazione del cuore d’argento che racchiude i nomi dei giovani di Cinisello partiti per il servizio militare. Nel 1939 sono i reduci della guerra in Africa Orientale a donare in ringraziamento i quadri della “ Via Crucis”. Nel 1940 i giovani in partenza per il fronte affidano alla “Madonna del latte”una pergamena con i loro nomi: durante tutto il conflitto una volta alla settimana partiva da Sant’Ambrogio una processione che si concludeva con la Messa e una preghiera comunitaria. Anche l’ultimo appello alla popolazione per concorrere al pagamento del recente restauro rivela nella risposta generosa un accorrere spontaneo di tanta gente : non si tratta pìù dei soli abitanti di Cinisello , ma anche di molti immigrati che da anni popolano il quartiere. La loro corale partecipazione denota la devozione alla Madonna come un fatto fedele alle origini della chiesetta: come la sua costruzione (ciottoli e fango) rivela l’opera di persone povere, così a contribuire al restauro è stata soprattutto la gente umile e comune. Non manca il ringraziamento: nella sacrestia sono conservati vari ex voto, il più antico è un dipinto ad olio del 1879,altri sono quadretti ricamati a mano, cuori d’argento.

UNA TESTIMONIANZA STORICA E RELIGIOSA CONSEGNATA AL FUTURO

Dalle parole di don Daniele Turconi, il parroco che ha fortemente voluto l’ultima opera di restauro: “ Il restauro della chiesetta ha voluto ridare a questo edificio la funzione di luogo di preghiera di tutta la gente e di tutti i giorni, mettendoci in comunione con le persone che per più di mille anni sono venute a pregare in questo oratorio campestre. Diventi la chiesa luogo d’incontro, di fratellanza, di solidarietà dove ci si sente tutti uguali di fronte a Dio; sia occasione d’incontro tra i Cinisellesi e gli ultimi arrivati, in spirito di povertà davanti a Dio, perché da ciò possa nascere la nuova comunità. In tal senso può essere assurta a simbolo di amore verso tutti, di spirito di accoglienza e di solidarietà, la figura della Madonna , venerata da secoli a Sant’Eusebio.

“ Cinisello Balsamo Novembre 2009 Maria Molteni

Bibliografia Meroni- Ramponi- Molteni : L’oratorio di Sant’Eusebio- storia, arte e vita. Silvana editoriale Meroni : Storia di una comunità- sant’Ambrogio ad Nemus in Cinisello.

Silvana editoriale Cassanelli: la chiesa di sant’Eusebio in Cinisello Balsamo .

Silvana editoriale Guerci: I beni culturali a Cinisello Balsamo.

Città di Cinisello Balsamo Scurati: l’enciclopedia di Cinisello Balsamo.

Comune di Cinisello Balsamo

 

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